Problemi verbali e rappresentazioni matematiche
(Elaborazione da: Unità 11, Nota 8, pag. 91)
Nella prassi didattica della scuola primaria e secondaria di primo grado una scrittura matematica è legata al testo del problema di cui rappresenta una soluzione (qui parliamo del classico problema verbale, spesso banale, dotato di un linguaggio povero, legato a stereotipi, ma – comunque – il più frequentato nella scuola italiana, e non solo); nel migliore dei casi, essa non è formulata attraverso operazioni separate, ma mediante un’unica espressione che le sintetizza e prepara all’individuazione del risultato:
(a) problema verbale → espressione risolutoria.
È molto più raro che si proponga una situazione didattica basata sulla relazione inversa:
(b) problema verbale ← espressione risolutoria.
Le difficoltà di (a) e (b) sono in parte molto differenti ma, da certi punti di vista, simili.
Vediamo dove sono differenti.
(a) Nel primo caso – dal problema all’espressione – le difficoltà sono note: riguardano la decodifica del testo, l’individuazione dei dati e delle incognite, la scelta delle operazioni, la verifica del risultato; si collocano quindi anche, in parte, nella semantica del linguaggio naturale in cui è espresso il problema.
(b) Nel secondo caso – dall’espressione al problema – le difficoltà sono meno note.
Un esempio (quarta primaria): l’insegnante propone la scrittura (4+9)×7,
poi chiede agli alunni di scrivere un testo di cui essa sia la rappresentazione in linguaggio matematico. Due proposte:
(a) Nella casa di Marco abitano 7 persone. Ciascuno mangia 4 fragole e 9 ciliegie.
(b) Un sacchetto contiene 4 cioccolatini e 9 confetti. Ci sono 7 sacchetti uguali.
Diciamo che le difficltà sono meno note perché nella didattica tradizionale della matematica ci si occupa poco della semantica del linguaggio matematico.
In cosa le due situazioni sono simili?
In entrambi i casi si ha un analogo processo di traduzione fra linguaggi, basato sulla capacità di attribuire significati ai testi originali. Ma qui scatta una grande differenza dal punto di vista metodologico, ad un livello che riteniamo fondativo in termini di competenze matematiche (si potrebbe anche parlare di costruire negli alunni una sensibilità verso il linguaggio matematico).
Mentre nell’educazione linguistica viene dato amplissimo spazio alla comprensione dei significati di un testo, non accade altrettanto nell’educazione matematica. Una frase in linguaggio matematico viene vista quasi esclusivamente dal punto di vista della manipolazione, e quindi dell’applicazione di una serie di regole.
Mentre nell’educazione linguistica un testo viene d’abitudine interpretato, parafrasato, analizzato da un punto di vista sintattico, nell’educazione matematica questo non avviene praticamente mai. Nella scuola secondaria le scritture sono sostanzialmente oggetti da manipolare, nella convinzione che qualcuno, nel corso della vita scolastica degli alunni, abbia provveduto in precedenza a costruire in loro, in modo stabile, definitivo, consolidato, delle premesse di senso. Ma è molto difficile che questo accada, perché raramente si chiede di interpretare, parafrasare, analizzare da un punto di vista sintattico una frase scritta nel linguaggio matematico. Come conseguenza, molto spesso gli studenti della scuola superiore di secondo grado imparano a manipolare le espressioni algebriche senza possedere il controllo sul significato delle loro manipolazioni.
Nel progetto ArAl, questi problemi vengono affrontati all’interno della dualità risolvere/rappresentare.