Ultima modifica: 24 luglio 2015

Quando è opportuno ricorrere a Brioshi?

(Unità 12, FAQ-D 14, pag 28)

Come viene illustrato nel Quadro teorico del progetto e nell’Unità 1 della Collana ArAl, Brioshi rappresenta un mediatore didattico molto potente per veicolare un concetto importante ma difficile da far comprendere ad alunni fra gli 8 e i 14 anni: la necessità del rispetto delle regole sintattiche nell’uso di un linguaggio, necessità ancora più forte nell’uso di un linguaggio formalizzato, in ragione dell’estrema sinteticità dei simboli usati. Brioshi rappresenta quindi una metafora efficace per l’enfatizzazione del processo e per la riflessione sugli aspetti semantici e sintattici del linguaggio.
Il ricorso a Brioshi può avvenire all’interno di una strategia abituale e condivisa di lavoro quando la classe si trova di fronte a questioni legate alla rappresentazione e alla traduzione. Brioshi può essere l’insegnante, oppure i compagni, una classe della stessa o di un’altra scuola; in ogni caso, si comporta come garante della correttezza – quindi dell’interpretabilità – di una scrittura matematica.
Se la classe si trova in difficoltà di fronte alla produzione, alla traduzione o all’interpretazione di una scrittura matematica, può convenire che l’insegnante ricorra a Brioshi nel suo ruolo di mediatore e gli faccia inviare il messaggio corretto. Siccome Brioshi è comunque l’amico di penna che sa, questa tattica funziona sempre e favorisce in modo molto spontaneo un passo in avanti nella comprensione di un concetto.
Brioshi può inserire nelle sue risposte, oltre a degli smile (felici, sorridenti, perplessi, dubbiosi, accigliati), interiezioni come ‘Wow!’ quando trova in un messaggio motivi di particolare interesse dal punto di vista algebrico.
Le risposte di Brioshi mostrano non solo la sua capacità di risolvere problemi ma aprono nuovi scenari, propongono questioni inaspettate, fanno emergere dai problemi che gli vengono inviati nuovi problemi, aprono, se è il caso, verso la generalizzazione. In questo senso, Brioshi è un ottimo ‘partner’ per l’insegnante come ’volano semantico’ per attività che diventano credibili e stimolanti perché sono proposte da un coetaneo esperto.
L’insegnante può attuare in modo efficace questa strategia se ritiene che una parte significativa della classe si trovi in quella che nella teoria Vygotskijana (Vygotskij L. Pensiero e linguaggio. Laterza. Roma. 2011) è nota come Zona di Sviluppo Prossimale (ZSP) (v. Figura):

Vigotsky

L’apprendimento del bambino – dice Vygotskij – si sviluppa con l’aiuto degli altri, adulti o pari, con un livello di competenza maggiore. La ZSP è definita come la distanza tra il livello di sviluppo attuale e il livello di sviluppo potenziale, che può essere raggiunto grazie all’aiuto di altre persone. Nel caso di Brioshi, di una persona virtuale ma credibile.
Portando a livello di gruppo la teoria, l’insegnante propone agli alunni problemi di livello un po’ superiore rispetto alle loro competenze, ma abbastanza semplici da essere alla loro portata. I problemi dovrebbero cioè essere collocabili nell’area di transizione dalla ZS attuale (quella in cui la classe si trova in quel momento) alla ZS prossimale, ed estendere così le sue competenze verso la ZS potenziale. Va da sé che, in questa cornice, trovano spazio i ritmi di apprendimento e gli stili cognitivi dei singoli alunni.
Attraverso il processo educativo che stiamo descrivendo, la ZS attuale della classe si amplia, includendo quella che in precedenza era la ZS prossimale, ed essa diventa, nel suo insieme, capace di eseguire autonomamente un compito che prima non sapeva eseguire. La ZS attuale si potenzia, e al suo esterno si crea una nuova ZS prossimale.
Brioshi può essere utilizzato in questa prospettiva per introdurre in modo convincente spunti di riflessione che conducano a salti di qualità nella conoscenza.
Per esempio: in una quarta primaria un problema (‘Un numero sconosciuto aggiunto a 13 è uguale a 28’) conduce alla scrittura di questa frase da inviare a Brioshi in modo che lui trovi il valore del numero sconosciuto:
13+a=28.
L’insegnante chiede poi agli alunni quale risposta potrebbe inviare Brioshi. Le risposte corrette che la classe prospetta sono:
(a) 13+15=28
(b) 28-13
(c) 15
L’insegnante decide di forzare la mano verso la ZSP e propone una possibile risposta di Brioshi, di livello più ‘alto’, estranea alle competenze degli alunni:
a=15
La classe traduce senza difficoltà in linguaggio naturale (la traduzione è letterale):
Il valore del numero sconosciuto è 15”.
L’insegnante ha lanciato il sasso nello stagno.
L’esperienza successiva, attraverso ulteriori esperienze, mette in luce l’ingresso della classe nella ZSP attraverso il consolidamento di questa nuova competenza. Il balbettio algebrico si è ulteriormente evoluto.

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