Ultima modifica: 21 luglio 2015

Incognita (i)

È normale che gli alunni incontrino sin dal primo anno della scuola primaria frasi aperte come 2 + ◊ = 13 che comportano l’individuazione di un elemento mancante in una relazione d’uguaglianza tra due termini uno dei quali è espresso attraverso un’operazione. Simboli sostitutivi di numeri compaiono quindi molto presto nel consueto panorama matematico della scuola primaria anche se vengono proposti essenzialmente come semplici contenitori vuoti da riempire e non come indicatori di incognita.
Nella norma, l’incontro con il concetto di ‘incognita’ avviene piuttosto tardi nel corso degli studi, nel momento dell’incontro con l’Algebra (con la ‘A’ quasi maiuscola) negli ultimi anni della scuola secondaria di primo grado. La scoperta di come si possa rappresentare un numero sconosciuto non rientra nella didattica tradizionale dell’aritmetica; il simbolo letterale viene consegnato allo studente quando è grande e, per molti aspetti, quando è ormai troppo tardi per un controllo dei significati che esso racchiude.
Nel progetto ArAl, invece, nel corso della costruzione del linguaggio matematico attraverso forme sempre più evolute di balbettio algebrico, la conquista della rappresentazione dell’incognita costituisce il momento della costruzione del suo significato. Gli alunni dei primi anni della scuola primaria propongono le loro personali rappresentazioni delle incognite (icone geometriche, icone fantasiose, disegni espressivi, lettere, caselle, puntini, spazi vuoti, punti interrogativi, e così via) e giocano con quelle proposte dagli insegnanti (macchie, nuvole, mascherine). Lentamente si costruiscono il concetto di incognita e l’uso della lettera per rappresentarla. Imparano anche, esplorando altri tipi di situazioni, che la lettera racchiude altri significati, come quelli di variabile o di parametro.
Nel corso di attività sulla ricerca di regolarità giocando con le successioni modulari (sviluppate principalmente nell’Unità 10 e nell’Unità 12) anche gli alunni della scuola dell’infanzia incontrano numerose metafore dell’incognita: sedie vuote in mezzo ad altre occupate da bambini, sedie coperte con stoffe che impediscono di vederne il colore, bambini privi del cappello in una fila in cui tutti gli altri ne portano uno dello stesso colore o di colore diverso, scatole che nascondono gli oggetti che compongono una successione, e così via. In tutti questi casi, attraverso l’osservazione delle attività collettive come la formulazione di ipotesi e il loro confronto con quelle proposte dai compagni si trovano le risposte a domande del tipo: sulla sedia vuota deve esserci un maschio o una femmina? Di che colore dev’essere il cappello del compagno che non ce l’ha? Sotto la scatola c’è una noce o un sasso? Cercare la risposta significa trovare il valore dell’incognita e verificarne la correttezza. Operazioni di elevata ricchezza concettuale che gettano semi importanti nella costruzione delle conoscenze matematiche.