Ultima modifica: 14 novembre 2020

Il superamento della concezione della moltiplicazione come addizione ripetuta, di N. Malara

Sulla traduzione in linguaggio matematico della frase ‘il quadrato del triplo di due’: analisi delle ragioni di un problema  didattico che ha le sue radici nella visione tradizionale della moltiplicazione come addizione ripetuta. 

Nell’apprendimento della matematica le concettualizzazioni dipendono delle esperienze fatte (concrete e non) e dai significati ad esse associati. Ciò accade sin dai primi concetti dell’aritmetica, riguardanti le operazioni e le relative proprietà. Un primo esempio dell’incidenza negativa dell’insegnamento tradizionale riguarda l’operazione di addizione,  se essa introduce nel modo antico, come operazione tra due o più numeri, e non come operazione binaria i bambini non riescono a comprendere il significato della proprietà associativa per essa e vedono improprio e  artificioso l’uso delle parentesi. Implicazioni negative ancora più importanti si hanno in riferimento alla operazione di moltiplicazione.

Dal punto di vista matematico, dati a e b numeri naturali non nulli e diversi da uno, parlare di axb o di bxa non è la stessa cosa. Ad esempio, considerati i numeri 2 e 3,  2×3 e 3×2, essi rappresentano una medesima quantità (in numero 6), tuttavia le loro rappresentazioni hanno un diverso senso, veicolato dai significati attribuiti ai due termini nella moltiplicazione. Qui sta il nocciolo di una questione delicata,  che crea un conflitti cognitivo e difficoltà  nel passaggio all’algebra  Purtroppo, nonostante la modernizzazione dell’insegnamento matematico avvenuta negli anni ’60 del secolo scorso, nella nostra scuola continua a permanere una visione limitata della moltiplicazione, di matrice ottocentesca, quella di addizione ripetuta. In questa visione i due termini svolgono ruoli diversi, indicati dal loro stesso nome: il primo si chiama ‘moltiplicando’ ossia da moltiplicare, è il numero su cui si agisce, il secondo termine si chiama moltiplicatore, indica l’operatore che agisce sul moltiplicando: il famoso ‘numero di volte’. In generale se il moltiplicando è a ed il moltiplicatore è b, se b = 1 a×b= a se b>1 a×b è il risultato dell’addizione di b termini uguali ad a. Per molti insegnanti della primaria e di conseguenza per molti bambini 2×3 non significa il doppio di 3 ma significa 2 ripetuto 3 volte.

Nel passaggio all’algebra questa definizione genera un conflitto in relazione al concetto di multiplo. Per questa ragione nel progetto ArAl si suggerisce di: a) introdurre sin da subito i concetti di doppio, triplo, quadruplo e così via, in generale di multiplo ennesimo di un numero; b) introdurre una visione più ampia della moltiplicazione dove non si parli di moltiplicando e moltiplicatore e che nei fatti scambi i ruoli di moltiplicando e moltiplicatore.

Vorrei sottolineare che nel progetto ArAl, quando si parla di traduzione dal linguaggio naturale al linguaggio matematico, si distingue, tra le traduzioni corrette, quelle letterali, fedeli alla consegna, dalle quali si può risalire ad essa. Nel caso in questione le traduzioni: (2×3)2 o (3×2)2 sono entrambe accettabili per la commutativa della moltiplicazione, quella fedele alla consegna fa riferimento al “triplo del numero due”, quello che l’insegnante deve chiarire è come il bambino concepisce la rappresentazione di questo numero, se nelle sue esperienze precedenti questo concetto fa riferimento alla definizione usuale della moltiplicazione, dove il ‘moltiplicatore’ è il secondo termine, allora per quel bambino la traduzione fedele dell’espressione ‘triplo di due’ (che in espanso è 2+2+2) è 2×3 perché nella moltiplicazione ‘il numero di volte’ è espresso dal moltiplicatore. L’insegnante dovrà a questo riguardo indagare sulle concezioni degli allievi, metterle a confronto e discutere con loro anche sulle chiarificazioni concettuali avvenute nel tempo, legittimando tuttavia entrambe le traduzioni.